Cos’è il cybersquatting?

Il mercato dei domini è caratterizzato dalla presenza di numerosi individui e aziende che previdentemente si sono accaparrati indirizzi con un grande potenziale. Se questi indirizzi corrispondono a termini protetti dal diritto sul marchio, potrebbe sussistere una violazione della legge. Questa pratica commerciale, perlopiù illegale, è chiamata nel gergo di internet cybersquatting.

Cybersquatting: significato e varianti

Mentre i cosiddetti domain grabber prendono di mira termini non protetti, i cybersquatter (dall’inglese squatter = abusivo) prendono di mira specificamente marchi e nomi propri. L’obiettivo è quello di registrare termini protetti da marchio come parte del nome di dominio, per poi rivenderli agli effettivi detentori dei diritti dietro pagamento di tariffe elevate.

A seconda del tipo di protezione del marchio dei termini registrati, il cybersquatting viene anche definito brandjacking o namejacking. Se le registrazioni di dominio contestate sono nomi o parti di nomi di celebrità, musicisti, atleti o star televisive, le due varianti a volte si sovrappongono.

Per esercitare pressione sui titolari dei diritti, i domini registrati in questo modo vengono talvolta utilizzati in modo da danneggiare gli affari, ad esempio attraverso contenuti che mettono in cattiva luce la persona o l’azienda in questione.

Una variante particolare del cybersquatting è il typosquatting, in cui varianti tipografiche di un nome di una marca vengono registrate come nomi di dominio per intercettare i visitatori.

Consiglio

Il cybersquatting viene spesso citato insieme al domain grabbing. Con questa pratica di accaparramento di domini si intende la registrazione di domini finalizzata alla vendita dei diritti del proprietario per fini di lucro anziché per uso personale. Nel domain grabbing si tenta di non utilizzare nomi di prodotti o servizi specifici per evitare conflitti con i titolari dei diritti. Una variante di questa pratica è il domain snapping, il cui scopo è acquistare domini scaduti o che stanno per scadere il più rapidamente possibile. A differenza del cybersquatting, di solito il domain grabbing non viola la legge sui marchi.

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Legislazione sui domini in Italia

Chi ritiene che il proprio marchio o nome venga usato da una terza parte senza che questa ne abbia diritto, può rivolgersi alla legge. In Italia, sebbene siano stati avanzati diversi disegni di legge, non c’è ancora una legislazione specifica per il cybersquatting e principalmente ci si basa sulla legge a tutela del marchio e del diritto al nome per risolvere questo tipo di contese.

Nel caso di un dominio .it si può iniziare una procedura di opposizione in caso di controversie, ad esempio quando c’è una disputa sul nome. Registro.it (il NIC italiano) non prende parte alla risoluzione della disputa ma, per iniziare la procedura, è necessario informarlo in forma scritta con i dati del mittente, il nome del dominio in questione e le motivazioni alla base della richiesta per la procedura di opposizione. Se non c’è un giudizio entro 180 giorni bisogna rinnovare la procedura per mezzo di raccomandata (fino a un massimo di due volte). Una volta iniziata la procedura, ci sono due possibili vie da percorrere: l’arbitrato irrituale e la procedura di riassegnazione. Nel primo caso ci si rivolge a un collegio di arbitri esperti in materia di assegnazione di domini .it e non alla magistratura ordinaria. Nel secondo caso, invece, si interpellano i Prestatori del Servizio di Risoluzione delle Dispute (PSRD), studi professionali dediti a risolvere le questioni relative ai domini italiani, allo scopo di verificare che il dominio in questione non sia stato registrato in malafede.

Per quanto riguarda le controversie a livello internazionale sui domini, l’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) ha introdotto con la Domain Name Dispute Resolution Policy (UDRP) una procedura di conciliazione. Questa offre un’alternativa ai negoziati davanti alla legge nazionale e permette ai querelanti di ottenere, oltre alla cancellazione, anche un trasferimento del dominio contestato.

Violazioni del diritto al nome nel nome del dominio

Il Codice Civile (articoli 6 e 7) tutela il diritto al nome non solo di persone fisiche ma anche di quelle giuridiche e le stesse norme si applicano anche nel caso in cui si faccia uso di uno pseudonimo. Nel caso in cui qualcuno utilizzi indebitamente il nome di un altro, la legge prevede che:

“La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo (1), salvo il risarcimento dei danni (2). L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali (120 c.p.c.) (3).”

L’uso di un nome in una registrazione di dominio è quindi illecita se chi utilizza il dominio non dispone del diritto al nome per il dominio in questione. Un signor Rossi non ha gli stessi diritti sul dominio bianchi.it come il signor Bianchi. Quest’ultimo avrebbe decisamente migliori possibilità di far valere le sue pretese in una disputa legale. Ma il diritto al nome, come già anticipato sopra, non lo possiedono solo le persone fisiche. Se il Signor Rossi è l’amministratore delegato della Bianchi Srl ha anche lui un diritto sul nome del dominio. In questi casi vale il principio di assegnazione del NIC: first come, first served, chi prima arriva, meglio alloggia.

Nelle contese sui nomi di dominio ci si trova di fronte non solo a nomi di persone, ma anche a termini generali classici tipici del linguaggio comune, che sono difficili da reclamare per la persona interessata, perché rappresentano interi settori o categorie generali.

Violazioni del diritto al marchio nel nome del dominio

Se un termine viene registrato a livello nazionale o internazionale come marchio, il proprietario ha la possibilità di procedere legalmente per impedire l’uso di una parola del marchio nel nome del dominio, se sussiste il rischio di confusione. Questo principio è valido in particolare quando vengono offerti sotto il nome del dominio prodotti o servizi simili a quelli del marchio protetto. Inoltre, il prerequisito è che il dominio in questione abbia un uso commerciale e per questo non basta la sola registrazione. Un uso commerciale è ad esempio quello di un utente che gestisce un negozio online sotto il suddetto dominio, inserisce la pubblicità o si offre di vendere il nome del dominio.

Se sussiste un rischio di confusione o se si fa un uso commerciale del dominio, si può valutare solo tenendo conto di tutte le circostanze del singolo caso. Se si può parlare di reato e se ci sono gli estremi per chiedere un compenso per i danni, lo stabilisce di regola la legge.

Diritto al nome negli USA

Mentre in Italia le controversie giuridiche relative ai nomi del dominio vengono regolate sulla base del Codice Civile e delle leggi relative ai marchi e al diritto al nome, negli USA è stata creata una vera e propria legislazione per regolare le questioni relative ai domini con l’Anticybersquatting Consumer Protection Act (ACPA). Questo atto, come anche il “Truth in Domain Names Act”, indica un’estensione di quello che è conosciuto come il Lanham Acts, che regola il diritto al marchio negli USA a livello federale, è entrato in vigore nel 1999 e dovrebbe proteggere soprattutto chi commette degli errori.

Una tipica applicazione dell’ACPA è il cybersquatting. Per fare appello alla legge, il querelante deve essere proprietario del marchio che contiene il termine conteso e dimostrare che l’accusato trae profitto dall’uso del marchio in maniera illecita nel suo nome di dominio. Un prerequisito è che il dominio e il marchio siano identici o simili, e quindi facili da confondere.

Nei procedimenti ACPA è controversa soprattutto la questione relativa a quando l’utilizzo di un marchio possa essere considerato come un’azione compiuta in mala fede. In passato, la giurisdizione americana stabiliva ciò soprattutto quando notava che una registrazione di dominio era mirata ad approfittare del traffico di un marchio per i propri scopi o a rivendere il dominio al legittimo proprietario del marchio. Inoltre, la dichiarazione di dati falsi nel processo di registrazione è considerata come un atto commesso in mala fede. Mentre le conseguenze legali nei procedimenti UDRP dell’ICANN si limitano a una cancellazione o a un trasferimento del dominio, sulla base dell’ACPA si possono ottenere anche dei risarcimenti danni fino a 100.000 $.

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